1. Finalmente, Romani, abbiamo scacciato da Roma Lucio Catilina, uomo dall'audacia sfrenata, circondato di delitto e organizzatore dell'empia rovina della patria, che minacciava voi e questa città col ferro e col fuoco o, se preferite, gli abbiamo permesso di andarsene via, o ancora lo abbiamo salutato mentre si allontanava di sua spontanea volontà. E’ andato, si è allontanato, è fuggito, si e precipitato fuori: quel mostro di turpitudine non tramerà più insidie contro questa città dall'interno delle sue mura. In lui abbiamo sconfitto, senza dubbio, l'unico comandante di questa guerra intestina: non ci conficcherà più il suo pugnale tra le costole, non dovremo più stare in guardia nel Campo Marzio, nel Foro, nella curia, tra le pareti domestiche. Cacciandolo dalla città lo abbiamo allontanato anche dal suo terreno di battaglia. Ora combatteremo apertamente una guerra giusta contro un nemico dichiarato, senza che nessuno ce lo possa impedire. L evidente che la sua decisiva rovina e sconfitta sono arrivate nel momento in cui abbiamo indotto a manifesti atti di prepotenza lui che tramava insidie occulte.
2. Ma per il fatto che non è riuscito, come avrebbe voluto, a intingere la spada nel mio sangue e se ne e andato lasciandomi vivo, e poiché io gli ho strappato di mano la sua arma e ha dovuto lasciare incolumi i cittadini e ancora in piedi la città, ebbene, per tutti questi motivi vi rendete conto da che dolore debba essere afflitto e sconvolto? Ora egli è abbattuto, Romani, si sente ferito e annientato, e certamente rivolge di continuo gli occhi verso questa città e rimpiange che sia stata strappata dalle sue fauci;,la città invece mi sembra rallegrarsi d'aver rigettato e cacciato fuori una cosi grande calamità.
3. Se qualcuno, animato da quei sentimenti che sarebbe bene tutti provassero, si facesse avanti a rinfacciarmi come colpa proprio ciò per cui le mie parole ora esprimono soddisfazione e fierezza, cioè di non aver fatto arrestare questo mortale nemico invece di lasciarlo andare, gli risponderci, Romani, che questa colpa non deve essere imputata a me, ma ai tempi. Sarebbe stato necessario uccidere Lucio Catilina e sottoporlo a un crudele supplizio già da>molto: questo volevano la tradizione, la gravità del ricorso al senatusconsultum e l'interesse dello Stato. Ma riflettete: quanti non avrebbero prestato fede a ciò che io andavo dicendo! Quanti lo avrebbero addirittura difeso! Quanti per stoltezza non avrebbero dato il giusto peso alle accuse, quanti per iniquità gli sarebbero stati favorevoli! Pure, se io avessi ritenuto con l'uccisione di Lucio Catilina di eliminare ogni pericolo per voi, già da molto tempo lo avrei tolto>di mezzo, a costo non solo di attirarmi il vostro odio, ma anche a rischio della vita.
4. Accorgendomi però - dal momento che neppure per tutti voi la cosa risultava provata - che se lo avessi condannato a morte come meritava non avrei potuto perseguire i suoi complici a causa del vostro odio nei miei confronti, ho preferito disporre le cose in modo che possiate combattere apertamente il nemico dopo averlo identificato con certezza. Quanto fermamente, Romani, io sia convinto che questo nemico debba essere temuto anche ora che è lontano da Roma, lo potete dedurre dal rammarico che provo nel saperlo uscito dalla città con uno scarso seguito. Si fosse portato con sé i suoi fidi! Invece ha condotto via Tongilio, che ha cominciato ad amare fin da fanciullo, Publicio e Minucio i cui debiti - contratti nelle bettole - non avrebbero potuto scatenare nessun tumulto contro lo Stato. Che uomini noti e potenti ha lasciato invece! e con che debiti!
5. Se dunque lo paragono alle legioni stanziate nella provincia di Gallia, alle reclute che Q. Metello ha recentemente arruolato nell'agro piceno e gallico e alle truppe che ogni giorno addestriamo, per quell'esercito io provo profondo disprezzo: un'accolita di vecchi senza più speranze, di contadini dissoluti, di campagnoli scialacquatori, l'insieme di quanti hanno preferito tradire la promessa di comparire in giudizio per debiti piuttosto che la fedeltà a quell'esercito; per sconfiggerli non sarà necessario che scorgano lo schieramento del nostro esercito, ma basterà leggere loro l'editto del pretore. Questi che vedo aggirarsi nel Foro, avvicinarsi alla curia, addirittura prendere posto in senato, splendidi di unguenti, fulgidi di porpora, avrei preferito che li avesse portati con sé come suoi soldati. E se rimangono qui, ricordatevi che non dobbiamo temere tanto quell'esercito, ma piuttosto quanti lo hanno disertato: ancor più temibili degli altri per il fatto che, pur sapendomi al corrente dei loro piani segreti, non si lasciano da ciò intimidire.
6. So a chi è stata assegnata l'Apulia, chi possiede l'Etruria, chi l'agro piceno, chi quello gallico, chi ha sollecitato l'incarico di provocare stragi e incendi qui a Roma. Non ignorano che tutte le loro decisioni della scorsa notte mi sono state riferite:s ieri in senato le ho rese pubbliche; persino Catilina ha avuto paura e s'è dato alla fuga: e costoro, che attendono? Si sbagliano di grosso se sperano che duri in eterno la ben nota clemenza che ho dimostrato in>passato. Il mio scopo ormai l'ho ottenuto: voi tutti avete potuto constatare che è stata ordita apertamente una congiura contro lo Stato a meno che qualche ingenuo creda che gli amici di Catilina non la pensano come lui. Ormai non c'è più spazio per la clemenza: la situazione stessa esige severità. Concederò loro ancora una sola possibilità: che escano, partano, per non permettere che il povero Catilina si strugga dal desiderio di averli con sé. Vi indicherò la>strada: si è messo in cammino lungo la via Aurelia; se si vogliono affrettare, al tramonto lo avranno raggiunto.
7. Che fortuna per lo Stato, se qualcuno liberasse la città da questo luridume! Pensate: allontanato anche solo Catilina, lo Stato mi sembra già sollevato e rianimato. Non si può immaginare malvagità o delitto che lui non abbia commesso; in Italia non si trova avvelenatore, bandito, predone, assassino, traditore della patria, falsificatore di testamenti, ingannatore, puttaniere, scialacquatore, adultero, donna di facili costumi, corruttore di giovani, uomo rovinato dal vizio che non confessi di essere stato amico di Catilina. Quale strage in questi ultimi anni e stata commessa senza di lui? Quale scellerata turpitudine, se non da lui?
8. In più, chi ha mai avuto una simile capacità di adescare i giovani? Alcuni li amava in modo turpe, all'amore di altri accondiscendeva in modo vergognoso, ad altri prometteva di veder soddisfatti i loro desideri, ad altri la morte dei genitori e non soltanto li spronava a ciò ma prometteva anche il suo aiuto. E ancora, con che rapidità è riuscito a radunare un gran numero di uomini scellerati, non solo dalla città, ma anche dalle campagne! Chiunque fosse>gravato da debiti, non soltanto a Roma, ma in qualsiasi angolo remoto dell'Italia intera, Catilina lo ha fatto entrare in questa nefanda congiura.
9. E affinché possiate considerare le sue diverse attitudini in campi differenti, sappiate che nelle scuole dei gladiatori non vi è nessuno dotato di una qualche inclinazione al delitto che non ricordi di essere stato amico di Catilina, nessun uomo di teatro con una qualche disposizione alla dissolutezza e alla malvagità che non si dichiari quasi suo compagno. E costui, abituatosi nell'esercizio di stupri e delitti a sopportare la fame, la sete e la veglia, da gente di questo calibro era considerato «valoroso», mentre sperperava la sua capacità di azione e le sue energie spirituali nel vizio e in atti di prepotenza.
10. Beati noi, quindi, se i suoi compagni lo avessero seguito, se i turpi branchi di uomini perduti e scellerati fossero usciti dalla città: lo Stato sarebbe fortunato e massima la gloria del mio consolato. Le loro azioni vergognose sono ormai enormi, disumani e intollerabili gli atti d'audacia; non meditano altro che strage, incendi, depredazioni. Hanno dato fondo alle eredità ricevute, hanno ipotecato i loro beni immobili beni immobili: da tempo hanno perso le>sostanze, ora comincia a venir meno anche il credito. Non hanno deposto però quella dissolutezza che li caratterizzava quando erano nell'abbondanza. Se, limitandosi al vino e al gioco, si accontentassero soltanto di bagordi e prostitute, certo sarebbero senza speranza, tuttavia potremmo ancora tollerarli. Ma la situazione attuale chi potrebbe ancora sopportarla? Rammolliti, stolti, ebbri, fiacchi costoro osano tramare insidie ai danni di chi è moralmente>sano, saggio, sobrio, vigilante. Uomini che, sdraiati ai banchetti, avvinghiati a donne di facili costumi, instupiditi dal vino, strapieni di cibo, ornati di corone, cosparsi di unguenti, fiaccati dalla vita dissipata vomitano discorsi su stragi di cittadini onesti e incendi ai danni della città.
11. Sono certo che sul capo di costoro incombe ormai la rovina, e che la pena da lungo tempo meritata per la loro ingiustizia, malvagità, scelleratezza e corruzione sia imminente o si stia senza dubbio avvicinando. Se il mio consolato, dal momento che non li può guarire, riesce a sopprimerli, prolungherà la vita alla Repubblica non di un breve lasso di tempo, ma di molti secoli. Non temiamo nessun popolo, non vi è alcun monarca che possa dichiarare>guerra al popolo romano; tutti i nemici esterni - grazie al valore di un solo uomo -sono sottomessi, per terra e per mare; ma rimane la guerra civile: l'insidia è all'interno delle mura, il pericolo e il nemico si nascondono dentro. Dobbiamo combattere contro la dissolutezza, la follia, il delitto, e di questa guerra, Romani, io mi offro come comandante: prendo su di me l'odio degli uomini perduti. I mali che potranno essere guariti li guarirò con qualunque mezzo;>ma le membra che dovranno essere amputate non permetterò che rimangano a mandare in cancrena lo Stato. Quindi se ne vadano oppure restino tranquilli o, se rimangono in città e non cambiano i loro propositi, si aspettino quel che meritano.
12. Ma c'è anche chi sostiene, o Romani, che sono stato io a voler mandare Catilina in esilio. Se lo potessi ottenere con la semplice forza della parola, manderei in esilio per primi quelli che fanno queste affermazioni. Si capisce, quest'uomo così timido e cosi rispettoso dell'autorità non ha potuto sopportare la voce del console: non appena gli è stato ordinato di andare in esilio, ha ubbidito. Proprio ieri, dopo essere stato quasi ucciso in casa mia, ho convocato il senato nel tempio di Giove Statore e ho riferito ogni cosa ai senatori. C'era anche Catilina: chi dei senatori gli ha rivolto la parola o il saluto? Chi infine lo ha guardato come un cittadino malvagio e non come un nemico pericolosissimo? Anzi, i senatori più in vista hanno anche lasciato vuota quella parte di scanni a cui lui si era diretto.
13. Allora io, il console noto a tutti per la sua violenza, che manda in esilio i cittadini con la sola forza della parola, domandai a Catilina se si fosse recato a una riunione notturna in casa di Marco Leca oppure no. Dal momento che lui, benché dotato di grande coraggio, sapendosi colto in fallo se ne stava in silenzio, rivelai tutto il resto: spiegai che cosa aveva fatto in quella notte, dove era stato, le decisioni prese per quella successiva, in che modo era stato da lui predisposto il piano di tutta la guerra. Vedendo la sua esitazione e il suo imbarazzo, gli chiesi perché non si decideva a recarsi là dove già prima si preparava ad andare; sapevo infatti che aveva mandato avanti le armi, le scuri, i fasci, le trombe, le insegne militari e quell'aquila d'argento a cui aveva addirittura eretto un sacrario in casa propria.
14. Potevo io dunque mandare in esilio uno che ormai vedevo già entrato in guerra? Ma già, dimenticavo: questo centurione di nome Manlio, che ha posto il suo accampamento nei dintorni di Fiesole, ha dichiarato una guerra personale contro il popolo romano, e quell'accampamento ora non attende Catilina come suo condottiero: lui, scacciato in esilio, si dirige a Marsiglia, come dicono, e non certo a quell'accampamento.E’ deplorevole la condizione di chi deve non solo amministrare ma anche difendere lo Stato! Ora infatti se Lucio Catilina, circondato e reso incapace di realizzare i suoi disegni dalla mia accortezza, dai miei sforzi e dai pericoli che corro, improvvisamente avrà paura, cambierà opinione, abbandonerà i suoi, rinnegherà la decisione di intraprendere la guerra, e dall'attuale determinazione allo scontro scellerato si volgerà piuttosto all'idea della fuga e all'esilio, nessuno dirà che sono stato io a spogliarlo delle sue armi temerarie, che è stato colpito e atterrito dalla precisione delle mie accuse, privato della prospettiva di un risultato positivo, ma si affermerà che ricorrendo a violenze e minacce il console l'ha cacciato in esilio benché egli fosse innocente; e se sceglierà questo comportamento, vi saranno alcuni pronti a considerarlo non empio ma degno di commiserazione, e a giudicare me non un console pieno di zelo, ma un tiranno crudele.
15. Cionondimeno sono convinto, Romani, che valga la pena di affrontare la tempesta di un odio falso e ingiusto, purché serva ad allontanare da voi il pericolo di questa guerra orribile e sacrilega. Dicano pure che sono stato io a cacciarlo, basta che vada in esilio. Ma secondo me, credetemi, non ha intenzione di andarci. Mai, o Romani - per ridurre la mia impopolarità -, chiederò agli dei che dobbiate sentir dire che Lucio Catilina guida un esercito nemico e si aggira in armi, ma nel giro di tre giorni lo sentirete dire. La critica che un giorno mi si potrebbe muovere per avergli permesso di andarsene mi spaventa di più del rimprovero presente per averlo cacciato via. Ma, dal momento che ci sono alcuni che dicono che è stato scacciato - mentre se ne è andato di sua spontanea volontà - che cosa direbbero quegli stessi se fosse stato ucciso?
16. Tanto più che chi va dicendo che Catilina si dirige a Marsiglia, non tanto si lamenta di ciò, ma teme che accada davvero. Nessuno di loro è tanto misericordioso da preferire che si rechi effettivamente a Marsiglia piuttosto che raggiungere Manlio. E lui, se anche non avesse progettato in anticipo quello che sta facendo, certo preferirebbe essere ucciso come brigante piuttosto che vivere da esule. Ora però, dal momento che finora non gli è accaduto nulla di diverso da ciò che aveva progettato, tranne il fatto che ha dovuto allontanarsi da Roma senza avermi potuto eliminare, auguriamoci che vada in esilio invece di lamentarcene.
17. Ma perché parliamo così a lungo di un solo nemico, e proprio del nemico che ormai ammette di essere tale, e del quale non ho più paura da quando - come ho sempre desiderato - un muro ci divide? Perché invece non diciamo nulla di quelli che nascondono le loro intenzioni, che rimangono a Roma, che sono in mezzo a noi? Io - se la cosa fosse in qualche modo possibile - desidero non tanto vendicarmi contro di loro, quanto guarirli per il loro bene, riconciliarli con lo Stato, e non vedo per quale motivo ciò non possa accadere, se appena vogliono starmi ad ascoltare. Vi esporrò infatti, Romani, da che genere di persone siano composte queste forze: poi somministrerò a ciascun genere, se possibile, il rimedio della mia saggia parola.
18. La prima categoria è formata da quanti - benché gravati di ingenti debiti - possiedono tuttavia beni ancora maggiori, ai quali però sono così attaccati da non potersene separare in alcun modo. Questa categoria di persone apparentemente è di grande dignità (sono infatti benestanti), ma le loro intenzioni e la loro condotta sono le più abbiette. Sei abbondantemente fornito di campi, case, argento, schiavi, di beni di ogni genere ed esiti a sottrarre qualcosa ai tuoi averi per acquisire credito? Che cosa aspetti dunque? La guerra? E perché mai sei convinto che i tuoi possedimenti resteranno intonsi in mezzo alla spoliazione generale? 0 forse una cancellazione dei debiti? S'ingannano quelli che la attendono da Catilina: per mio gentile omaggio vi sarà una cancellazione dei debiti, ma solo come conseguenza di vendite all'asta: in nessun altro modo questi che hanno delle proprietà potranno essere salvi. Se avessero voluto farlo prima e non si fossero comportati in modo estremamente stolto sacrificando agli usurai il frutto delle rendite fondiarie, avremmo in loro cittadini più ricchi e migliori. Ma ritengo che questi uomini non debbano essere temuti più di tanto, perché è ancora possibile distoglierli dalla loro condotta, oppure, se rimarranno saldi, penso che si limiteranno a esprimere a parole minacce contro lo Stato, ma non prenderanno le armi contro di esso.
19. Alla seconda categoria appartengono quelli che, seppure oberati dai debiti, ardono tuttavia dal desiderio di dominare, vogliono impadronirsi del potere e speraino di ottenere con la rivoluzione quelle cariche pubbliche che lo Stato in una situazione di pace si ostina a negare loro. Ritengo doveroso avvertirti di un'unica cosa, la stessa che ho consigliato anche a tutti gli altri: non sperino di conseguire ciò a cui aspirano. Anzitutto infatti ci sono io a vigilare, a>difendere e a badare di persona al bene dello Stato; in secondo luogo nei cittadini onesti vi è grandezza d'animo, straordinaria concordia all'interno di una massa innumerevole e inoltre un gran numero di soldati; infine gli dèí immortali daranno propizi il loro aiuto a questo popolo invitto, a questo Stato famoso, alla nostra splendida città contro un così tremendo imperversare della forza del male. E se anche riuscissero a ottenere ciò che bramano con>tanta forza, è sulle ceneri della città e sul sangue dei cittadini (progetti che con mente infame ed empia hanno accarezzato) che sperano forse di diventare consoli, dittatori o addirittura re? Non si rendono conto di aspirare a qualcosa che, eventualmente ottenuto, dovrebbero poi concedere a qualunque schiavo in fuga o gladiatore?
20. La terza categoria comprende quanti sono già avanti negli anni, dotati però di un fisico reso robusto dalle fatiche sopportate; a tale categoria appartiene Manlio, al quale ora Catilina si appresta a succedere nel comando. Questi uomini vengono per lo più dalle colonie dedotte da Silla; io so che per la maggior parte le abitano cittadini ottimi e di grande valore, ma quelli cui alludo sono coloni che, arricchitisi in modo insperato e improvviso, si sono abbandonati>all'eccessivo lusso e all'arroganza. Costruendo come dei gran signori, godendosi poderi di prim'ordine, schiavi innumerevoli, banchetti raffinatissimi costoro hanno contratto debiti di tale portata che, per potersi salvare, dovranno far risorgere Silla dagli Inferi. E in più hanno suscitato in alcuni altri coloni di umili natali e ridotti in miseria la speranza di poter operare rapine analoghe a quelle un tempo perpetrate da Silla. Attribuisco gli uni e gli altri alla>medesima infelice categoria di predatori e ladri; ma li avverto: smettano di delirare, sognando dittature e proscrizioni. L’immensa sofferenza patita in quegli anni ha infatti marchiato indelebilmente i cittadini, di modo che non soltanto gli uomini, ma neppure le bestie mi sembrano ormai disposte a sopportare che si ripetano tali cose.
21. La quarta categoria è una mescolanza di elementi assai eterogenei e confusi: comprende quelli che già da tempo sono oppressi dai debiti e non riescono mai a riaversi, quelli che in parte per indolenza, in parte per cattiva conduzione degli affari, in parte anche per spese eccessive, vacilla sotto il peso di antichi debiti. Afflitti da promesse di comparizione, da processi, da bandi di vendita dei loro beni all'asta, si dice che molti -originari sia della città>che delle campagne - vogliano unirsi a quell'esercito. Costoro io non li considero soldati valorosi ma piuttosto debitori che si rifiutano di pagare. Uomini che, se non sono in grado di reggersi in piedi, è bene che vadano quanto prima in rovina, ma in modo che non solo la città non se ne accorga, ma neppure i loro vicini di casa. Non riesco infatti a capire per quale motivo, se non possono vivere in modo onesto, vogliano morire indegnamente, o perché mai>si siano convinti che soffriranno meno morendo insieme a molti altri invece che da soli.
22. La quinta categoria raccoglie traditori della patria, assassini e autori di ogni genere di nefandezze. Di costoro non chiedo a Catilína la restituzione: infatti non si potrebbero separare da lui. Muoiano dunque da banditi, dal momento che sono così tanti che il carcere non riuscirebbe a contenerli tutti.L'ultima categoria infine, non solo per ordine numerico ma anche per stile di vita, è quella di Catilina, la cerchia da lui scelta e a lui più vicina. E’ facile>riconoscerli: la chioma ben pettinata, cosparsi di unguenti, imberbi o con la barba ben curata, vestiti di tuniche lunghe fino ai piedi e con le maniche, di veli e mai della toga. 0gni attività della loro esistenza, ogni veglia faticosa è dedicata a banchetti che si protraggono fino all'alba.
23. In questo branco si trovano ogni genere di giocatori d'azzardo, di svergognati e di depravati. Questi ragazzini tanto raffinati e delicati hanno imparato non solo ad amare e a lasciarsi amare, a danzare e a cantare, ma anche a vibrare il pugnale e a somministrare veleni. Se costoro non si allontanano da Roma, se non muoiono, sappiate che, anche eliminato Catilina, costituirebbero un vivaio di nuovi Catilina. Ma in fondo, che cosa vogliono questi disgraziati? Hanno forse intenzione di portare le loro sgualdrine con sé nell'accampamento? D'altra parte in che modo potranno farne a meno, in queste notti già così lunghe?, E come affronteranno il freddo e le nevi dei monti dell'Etruria? A meno che non siano convinti di poter sopportare più facilmente i rigori dell'inverno proprio perché hanno imparato a danzare nudi nei banchetti.
24. Una guerra davvero temibile, questa, in cui Catilina sarà difeso da una simile coorte pretoria! Ora, Romani, schierate le vostre truppe e i vostri eserciti contro questi famosissimi soldati di Catilina, e a questo bandito fiaccato e ferito contrapponete per primi i vostri consoli e i generali vittoriosi, e poi, contro quella ciurma stremata di naufraghi, schierate il fior fiore e il nerbo dell'Italia intera. Ben presto città, colonie e municipi sapranno opporre resistenza alle>fortificazioni improvvisate di Catilina! E non c'è bisogno che lo metta a confronto le altre truppe, gli armamenti, le vostre guarnigioni con la completa mancanza di mezzi bellici di quel bandito!
25. Ma se, tralasciando tutto ciò di cui noi abbiamo disponibilità e che a lui manca - i senatori e i cavalieri romani, tutti gli altri cittadini, l'erario, le imposte, l'Italia intera e tutte le province, le nazioni alleate -, se, dicevo, trascurando queste cose, vogliamo confrontare i principi stessi che combattono tra loro, anche solo da questo confronto possiamo renderci conto di quanto grave sia la loro rovina. Dalla nostra parte infatti combatte la modestia, dalla loro la>sfrontatezza; qui l'onestà, là l'impudicizia; qui la lealtà, là l'inganno; qui il rispetto delle cose sacre, là l'empietà; qui la saggezza, là la dissennatezza; qui la dignità, là la vergogna; qui la moderazione, là la sfrenatezza. Qui inoltre giustizia, temperanza, fortezza, prudenza, insomma tutte le virtù combattono contro ingiustizia, sfrenatezza, ignavia, temerarietà, cioè contro tutti i vizi. Infine la ricchezza contro la povertà, i sani principi contro la rivoluzione, il>buon senso contro la follia, la speranza giusta si scontra con un assoluto pessimismo. In una lotta di tale portata, non credete che - se anche fallissero gli sforzi degli uomini - gli stessi dèi immortali farebbero in modo che vizi cosi gravi vengano sconfitti da queste splendide virtù?
26. Questa è la situazione, Romani: continuate - come già state facendo - a difendere le vostre case con turni di sentinelle notturne e diurne. Io ho già preso provvedimenti affinché la città abbia presidi sufficienti, senza che voi dobbiate temere e nel contempo senza alcuna leva di massa. Tutti gli abitanti delle colonie e dei municipi, da me avvertiti della fuga notturna di Catilina, difenderanno agevolmente le loro città e i loro territori. I gladiatori, che lui considerava una truppa fedelissima, sebbene abbiano un animo migliore di parte dei patrizi, saranno tuttavia tenuti a bada dal nostro esercito. Quinto Metello che, in previsione di ciò, ho inviato nell'agro gallico piceno, sconfiggerà Catilina oppure gli impedirà qualunque tentativo di movimento. Riguardo alle altre decisioni da prendere e da attuare in fretta, ne parlerò ben presto al senato, della cui convocazione siete testimoni.
27. A questo punto i congiurati che sono rimasti in città o meglio che Catilina ha lasciato a Roma perché si oppongano alla salvezza della città e di tutti voi, sebbene siano nemici, tuttavia, dato che sono nati cittadini, desidero ammonirli ancora una volta. Se la clemenza che ho dimostrato fin qui a qualcuno è sembrata eccessiva, essa mirava a far venire alla luce ciò che era tenuto nascosto. D'ora in avanti non posso più dimenticare che questa è la>mia patria, che di costoro io sono console, che è mio dovere vivere con loro o per loro morire. Non ci sono guardie alle porte, nessuno tende imboscate lungo la via: se vogliono andarsene, posso chiudere un occhio; ma se qualcuno fomenterà disordini in città, e io ne scoprirò non dico il fatto compiuto ma anche solo l'inizio o addirittura la semplice intenzione di ordire trame contro la patria, si accorgerà che in questo Stato ci sono consoli che vigilano, magistrati solerti, un senato autorevole, forze armate e infine un carcere, che i nostri antenati vollero istituire per punirvi i crimini più gravi e provati.
28. E tutto ciò avverrà in modo che fatti di estrema gravità siano sedati col minimo intervento, immensi pericoli senza ricorrere a leve straordinarie e la più feroce ed estesa guerra civile che si ricordi sia spenta da me solo, generale in toga. E disporrò le cose, Romani, in modo che, se sarà possibile, nessun colpevole sconti la pena dei suoi delitti in questa città. Ma se un palese atto di violenza o un pericolo che minacci la patria mi costringeranno ad abbandonare questa mia mitezza, almeno mi proporrò di ottenere ciò che in una guerra di queste dimensioni e di questa gravità sembra arduo sperare, cioè che neppure un innocente muoia e che voi tutti possiate essere salvi grazie alla morte di pochi.
29. Tutte queste cose, o Romani, non ve le prometto sulla base di un mio presentimento e di decisioni umane, ma forte di numerosi e inequivocabili segni degli dei immortali; guidato dagli dèi ho coltivato questa speranza e ho preso questa decisione: dèi che oggi non ci proteggono più come un tempo, da un nemico straniero e lontano, ma con la loro presenza qui e con il loro potere divino difendono i loro templi e le case della città. E voi, o Romani, li>dovete pregare, venerare e supplicare affinché proteggano dal crimine sacrilego di cittadini infami la nostra città che, sconfitti tutti gli eserciti nemici per terra e per mare, vollero fosse la più bella, la più fiorente e la più potente di tutte.